Arredare casa, abitare la Distanza … ci sembra sempre più naturale, il nostro appartamento

casa Milano

Emilio Tadini – dettaglio da un’opera conservata alla Casa Museo Spazio Tadini di via Jommelli 24

Milano, 14 febbraio 2016 – Arredare casa, abitare la Distanza … Da Emilio Tadini, La distanza, (Einaudi) – > leggi il post precedente – (pag. 14) La parola «Distanza» sembra agire in un spazio che si pone al di là di ogni distanza. La parola «Distanza» sembra più forte di qualsiasi lontananza, di qualsiasi prossimità.

Questo non vuole assolutamente dire che la parola « Distanza» escluda lontananza e prossimità. Al contrario. E come se esaltasse l’una e l’altra. Come se ne rivelasse il senso, «l’anima».

Forse la distanza potremmo pensarla per un momento anche come la grande lingua naturale mediante la quale lo spazio si rappresenta — parla — e agisce. Per noi. A noi. Su di noi.

Ma forse potremmo dire: nello spazio, intorno a noi, regna, in silenzio, la Distanza.

Questa Distanza che in qualche modo stiamo cercando di evocare, arrabattandoci, parlando e straparlando del suo nome, non sembra forse «accaduta» una volta per tutte, cosi come si dà con le entità e con i fatti che sono messi in scena — celebrati — nei grandi miti di fondazione?

A proposito delle spazio. Lo spazio non è semplicemente un contenitore di corpi posti a una certa distanza uno dall’altro.

(pag. 15)  Per parlare dello spazio, proviamo a riparlare di una casa. Una casa non è soltanto un contenitore di cose e di persone poste a una certa distanza una dall’altra. Noi sappiamo che la forma dell’esterno e la forma dell’interno di una casa agiscono profondamente sulla mente e sui comportamenti di coloro che la abitano o che soltanto ci passano davanti convinti di non guardarla, di non vederla nemmeno.

La casa è anche una macchina che noi abbiamo ideata e fabbricata per produrre un sistema ordinato di distanze.

Noi arrediamo il nostro appartamento. Non si sta parlando della decisione che qualcuno affida a un arredatore di professione. Si sta parlando di quell’arredare che incomincia quando noi si entra per la prima volta in una casa e subito si incomincia a farla diventare «nostra», quell’arredare che va avanti nel tempo, intanto che noi abitiamo, in un modo che ci sembra sempre più naturale, il nostro appartamento, la nostra casa.

Collocazioni, spostamenti – fedeltà, innovazioni. Tutta una serie di «punti d’appoggio», nel passato e nel futuro, per il nostro presente. Tutto quanto a portata di mano – e di mente…

Che cos’è, il senso di quell’arredare, se non quello di costruire – ordinandolo secondo un nostro personale ordine di necessità pratiche ma anche di memorie, di affetti e di sentimenti – un vero e proprio sistema delle distanze domestiche?

(pag. 16)  La casa è probabilmente una delle macchine meglio funzionanti che noi si abbia ideato e fabbricato non solo per difendercene, ma anche per elaborare la stessa Distanza.

La parola «elaborare» è usata qui nel senso in cui la si usa in psicoanalisi nell’espressione «elaborare un lutto» — che vuol dire press’a poco lavorare dentro di noi, più o meno coscientemente, il trauma che una perdita grave ci ha inferto, per cercare non di dimenticarla ma di trasformarla in modo tale che si faccia sopportabile, per consentirci di continuare a vivere malgrado quella perdita. Cosi una grave ferita, anche se non viene cancellata, finisce per rimarginarsi ad opera del lavoro del nostro organismo.

A quanto sembra, quasi senza volerlo, abbiamo finito per stabilire qualche nesso fra la parola «Distanza» e la parola «lutto» — e la parola «perdita». Lasciamo la cosa in sospeso.

Noi siamo in grado soltanto di pensare che la Distanza si dia quando un uomo come noi, in grado di percepirla – di sentirla – e poi di nominarla, nasce, e si colloca nello spazio.

Questa ovvietà ci porta forse a un punto capitale. Perché quello che si è detto, probabilmente, vuole anche dire: noi siamo portati a pensare – più o meno chiaramente e distintamente – che la Distanza si dia quando una «totalità» – un «tutto», «l’Uno» — davanti ai nostri occhi si disgrega e si divide in parti. Quando insomma nei sensi e nella mente si forma la coscienza di una finitezza. E, potremmo aggiungere, anche la coscienza oscura di una solitudine più o meno irrimediabile. A proposito di lutto, di perdita…

(…) > CONTINUA >

Il saggio La distanza di Tadini è stato pubblicato nell’anno 1998 conEinaudi

Francesco Tadini, insieme a Melina Scalise cura l’Archivio opere e testi di Emilio Tadini. Sede dell’Archivio è la Casa Museo Spazio Tadini in via Jommelli 24, Milano

Per informazioni: francescotadini61@gmail.com

Francesco Tadini

Francesco Tadini è fondatore e direttore artistico di Spazio Tadini in via Jommelli 24 a Milano. Casa Museo e archivio delle opere di Emilio Tadini, sede di mostre ed eventi. Location.

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