Arte e Distanza, metafore, metonimie – nel saggio di Emilio Tadini per Einaudi

Tadini – L’atelier, 1976
Arte e Distanza, metafore, metonimie – nel saggio di Emilio Tadini per Einaudi – (p.17) L’Età dell’Oro. Il sogno di un tempo felice, privo di contraddizioni, nel quale gli uomini avrebbero vissuto in un passato precedente ogni tempo storico è forse il sogno dell’Età senza Distanza. Forse il sogno di una vita della natura, in cui gli uomini, vivendo lo stato di natura, sarebbero stati naturalmente buoni e giusti non è altro che il sogno trasformato dell’età dell’oro.
Le utopie sociali più recenti tolgono il sogno di una età felice, priva di contraddizioni, dalla irripetibilità del passato e lo proiettano nella possibilità del futuro.
Ogni sogno di una età definitivamente felice si basa comunque sul darsi di una armonia assoluta, sul togliersi delle contraddizioni. Ma le contraddizioni – queste differenze armate e aggressive – si danno proprio là dove sono le distanze a determinare lo spazio privato e quello sociale.
Là dove sono le distanze a determinare quello che potremmo chiamare un contrasto di solitudini.
A un certo punto abbiamo incominciato a sognare che potesse essere la tecnica a realizzare la vera autentica età dell’oro.
Sognare un sogno dell’età dell’oro, sotto qualsiasi forma, vuol dire disprezzare il faticoso, interminabile prodursi della storia ad opera degli uomini. Vuol dire darsi al culto della Storia – con la esse maiuscola. Vuol dire a limitarsi all’immaginazione di quel ” disegno” della Storia che un giorno o l’altro dovrebbe compiersi attuandosi definitivamente.
(p. 18)
Una escatologia strappata dall’immaginario e innestata sulla prassi. Che ibrido mostruoso!
Sognare un sogno dell’età dell’oro vuol dire anche escludere il tragico. È come se in ogni sogno dell’età dell’oro si mostrasse in azione una specie di assoluto patetico – nobile idea e modello di ogni miserabile patetico applicato.
” Stare entro certi limiti”… Non si è ” ristretti”, come si dice in lingua burocratica, soltanto quando si è chiusi in una prigione. E, comunque, guai a chi non tiene conto dei limiti. Soprattutto se vuole superarli – se vuole riuscire a spostarti un po’ più in là, un po’ più avanti.
I limiti, d’altra parte, possono essere utilizzate anche per costituire una specie di fortezza alzata per resistere all’assedio della Distanza. Una specie di bricolage. Che è quello che si fa quando si tira su una costruzione si fabbrica una macchina servendosi, in mancanza di pezzi ” giusti”, soltanto di ciò che sia disposizione – residui, rottami, pezzi scompaginati… Dentro di noi, peraltro – in quella che si chiama ” la nostra psiche” – a questo bricolage sembra proprio che noi ci si dedichi assiduamente. e con una certa passione. E metafore, Metonimie…
Ogni distanza e distanza da un limite ad un altro limite?
Qualcosa finisce, qualcosa incomincia, ogni volta, ognuno dei limiti entro i quali precipita una distanza?
La distanza porta forse dentro di sé il proprio limite, come limite-in-assoluto?
(…) > CONTINUA >
Il saggio La distanza di Tadini è stato pubblicato nell’anno 1998, edizioni Einaudi
> leggi anche le altre pagine del libro La distanza di Emilio Tadini
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Francesco Tadini, insieme a Melina Scalise cura l’Archivio opere e testi di Emilio Tadini. Sede dell’Archivio è la Casa Museo Spazio Tadini in via Jommelli 24, Milano
Per informazioni: francescotadini61@gmail.com