Medardo Rosso: mostre a Milano, il dopoguerra nella storia dell’arte

Milano mostre del primo dopoguerra – Medardo Rosso – da Emporium
Medardo Rosso: mostre a Milano, il primo dopoguerra nella storia dell’arte. Documenti di studio / Emporium, marzo 1946. La galleria Santo Spirito ha organizzato la prima mostra postuma milanese di Medardo Rosso (1858 – 1928). Le 18 sculture e i 25 disegni, provenienti dal Museo rossiano di Barzio (oggi al > LINK, n.d.r.)e ordinati con intelligente e amorosa cura, riaffermano proponendone ad un giudizio persuasivo, fuori ormai da ogni teorica paradossale e da ogni polemica sulla validità dell’impressionismo in scultura, i
documenti migliori – la potenza espressiva del più grande scultore italiano del secolo scorso: “un precursore – come scrisse Vauxcelles – che rovesciò i principi sacrosanti della statuaria tradizionale, un rivoluzionario che aprì una via fino allora inesplorata».
La ruffiana e La portinaia rappresentano alla mostra la fase giovanile dell’artista. Con Carne altrui il mondo di Medardo Rosso, portato all’essenzialità, ai valori di vibrazione e di movimento, professione misteriosa di un innovatore innamorato dell’unità, inizia quella purificazione che dovrà sempre più accrescerne la forza emotiva. Dalle prime grandi affermazioni con la Rieuse e con il Ritratto Rouart del 1890, al Bambino nell’asilo dei poveri, motivo patetico superato con quella leopardiana virtù dell’espressione che è “la naturalezza e l’apparenza della sprezzatura”; dalla Donna con la veletta, dal Bambino ebreo, dal Bookmaker, dall’Uomo che legge, dalla Madame Noblet, in cui la forma si apre in aspri ingorghi di materia (I corpi – diceva Rosso – non sono limitati da linee, i volumi sono penetrati dalla luce dell’ambiente e non esistono in quanto masse e spessori), si arriva all’Ecce puer, che è uno dei più conclusivi capolavori.
I disegni fino ad oggi meno noti e studiati sono unitariamente legati al fatto plastico, ed in essi si esprime un’eguale potenza creativa. Il segno largo e serrato chiude, con assoluta spontaneità, in illimitate espansioni atmosferiche, un’immagine di vita colta nella sua riassuntiva essenza e liricamente trasposta. Disegni in cui la sovreccitata sensibilità si adagia classicamente placata in risultati di stile.
In occasione della mostra la Galleria ha pubblicato un catalogo illustrato con riproduzioni tratte dai clichès provenienti dal Museo di Barzio, gli stessi curati dall’artista per quel che riguarda la precisa luce delle opere. Nel catalogo è riportata la lettera di Rosso sull’impressionismo in scultura, in risposta all’inchiesta che lo scrittore francese Edmon Claris diresse, nel 1901, ne La Nouvelle Revue. Lettera, come scrive Lamberto Vitali nella nota introduttiva, pressochè sconosciuta in Italia, perchè pubblicata nell’ormai introvabile volumetto che il Claris fece uscire nel 1902 (De l’impressionisme en sculpture, Auguste Rodin et Medarde Rosso) e di cui soltanto Soffici riportò alcune frasi nel suo saggio sull’artista. In rapporto allo scritto di Baudelaire, in cui questi afferma che non si può considerare la scultura da un solo punto di vista, Rosso scrive, tra l’altro: N’avait-il pas raison de traiter la sculpture d’art inferieur, lorsqu’ il voyait les sculpteurs matérialiser dans l’espace un étre, quant tout objet en réalité fait partie d’un tout, et que ce tout est dominé par une tonalité qui s’etend à l’infinit la lumière? Ce qui importe pour moi en art, c’est de faire oublier la matière. Le sculpteur doit, par un résumé des impressions recues, communiquer tout ce qui a frappé sa propre sensibilité… On ne tourne pas autour d’une statue, pas plus qu’on ne tourne pas autour d’une forme pour en concevoir l’impression. Rien n’est materiel dans l’espace. Il catalogo comprende inoltre un saggio critico di Luigi Trasanna.
Dalla rivista d’arte Emporium del marzo 1946