Mostre a Milano con omicidio dell’artista? Leggete L’Opera di Tadini

mostre a Milano

Mostre a Milano con assassinio? Nella foto il dettaglio di un’opera di Tadini

Mostre a Milano con omicidio dell’artista? Leggete L’Opera di Tadini! (Se non trovate il volume in libreria venite a Spazio Tadini in via Jommelli 24) Continua dai precedenti capitoli – clicca al > LINK per leggerli tutti.

La ragazza beveva un sorso di cappuccino, e un po’ le colava sul mento. Un altro sorso. Sorrideva. Le mani le tremavano come le mani di un attore comico terrorizzato in un film muto, così esageratamente. Una caricatura, già, la paura che fa ridere tutti. Non ne stava quasi ridendo lei stessa?
“Guarda, se l’ho messa dentro è perché ne sono sicuro. Ti assicuro che non sto cercando grane…”
La radio, in cronaca, collegata a quella della polizia… Ero arrivato in questura due minuti dopo che ce l’avevano portata.
“Un bel lavoro da isterica, diritto e rovescio, guarda. Se non lo vedi da questo punto di vista non ci capisce niente. Ti ricordi la stanza? Non voleva solo ucciderlo, voleva distruggere tutto. I quadri, voglio dire tutto. Tradita, eccetera… Sai, artista anche lei, poi aveva smesso, per lui… E lui aveva non dico un’altra ma perlomeno altre quattro o cinque donne. Capisci, la delusione, rabbia… Del resto lei ammette di essere passata nello studio quel pomeriggio. Anche se dice che era già morto. La solita roba, sai…”
Un altro sorso. Ormai la camicetta era tutta macchiata. Il latte traboccava dal piattino. Sorrideva come se fosse d’accordo, comunque, con noi, con chiunque le stesse intorno. La pensava come noi, era nostra complice, ma certo…

Francesco Tadini

Francesco Tadini, foto di Milano

“Dice che si è spaventata… È scivolata… Caduta in quel porcaio… Così è scappata. L’abbiamo ripescata a Bari. È bastato un fonogramma. Si è fatta beccare in casa dei suoi. Non ha fatto che ridere. Insomma, sorride… Così, come la vedi. Isterica, te l’ho detto!”
Era come se lei volesse fingere di essere dalla nostra parte, come se anche lei stesse parlando con noi di un’altra persona. Faceva vedere che lei sapeva, che soprattutto la pensava come noi, assennata…
“L’unica cosa che ho paura e che mi dia fuori di matto. Li conosco, i tipi così. A, mi dimenticavo le scarpe. Le aveva nella borsa. Scarpe da tennis. Inzuppate, guarda… Come se gli avesse dato una mano di vernice. Se le teneva nella borsetta, nella sacca, non le mollava. Non erano ancora asciutte”.
Lei aveva appoggiato sul tavolo la tazza con sopra il piattino. Per tenere in caldo. Si passava la mano sulla camicetta, sulla gonna macchiata. In fretta, piccoli colpi ripetuti. Continuava a sorridere. Ci guardava. Savia, scuoteva la testa con l’aria di dire: “Che disastro!” Si compativa, con un po’ di tenerezza, da se, per farsi vedere, seria per scherzo, complice nostra davanti a qualche altra persona – sorridendo…
“Qui faceva la barbona. Insomma, il tipo da casa occupata – stracci, cappello da uomo… Fino a un anno fa. Ma la famiglia è piena di grano. E la è tornata. Dio! Me li immagino, gli avvocati! Radical-chicchissimi.… Torme di avvocati… Li sento già che vengono…”
Stava molto ferma, adesso. Ci faceva vedere che stava pensando intensamente a qualcosa. Girava la testa, corrugava la fronte. Pensato quel che doveva pensare, aveva l’aria, si sarebbe alzata, sarebbe andata via, proprio con naturalezza.

Capitolo 21.

Come ogni notte, stava arrivando: alla stessa ora! Lo si sentiva dal rumore, il tremolante – dal corridoio. Eccitatissimo, l’incaricato, il messaggero. I giornali, portava, l’ultima edizione. Gli si dibattevano – tra le sue mani frenetiche – appena stampati. Si divincolavano, cercavano di svolazzare via. E lui a riacchiapparli. Sbattevano ali infuriate, crepitavano… E lui – stringi, strangola – ne posava uno, esanime, su ogni tavolo. Omaggio! Così, dal pianeta di vetro, atterravano fra noi le notizie. E che sorpresa, ogni volta, il canto della carta, la scrittura che resiste…

Capitolo 22.

“Hai già anche l’assassino! Anzi, l’assassina! L’artista, il delitto nello studio, la povera amante… Bel colpo! Sei diventato un esempio vivente! E ne sai approfittare, devo dire. Cristo, glielo stai leccando proprio bene, il culo, al direttore! Hai tirato fuori una lingua larga come un asciugamano! Non ce la facevo, nella tua boccuccia. Ma non eri quello delle noticine di cultura, tu? Non ti accontentavi delle briciole? Le pagliuzze d’oro del gran fiume di merda… Cultura, solo cultura! E il resto vi sarà dato vero? Già, così pare! Hai avuto tutto, dalla vita, ignobile cieco!”
(Mi insultava stando di lato. Esagerando, si teneva al sicuro. “Io? Ma sto scherzando, andiamo!”)
“Lascia che te lo dica un collega meno fortunato. Che cosa farai, adesso, dentini miei? Si reggeranno le gengive? Che cosa farai, mio sciacallo? Pensa! Potrai andare a strisciarti contro le gambe del direttore. E lui ti accarezzerà il collo rognosetto, senza far caso alla puzza… Sei il suo figliuolo prediletto, oggi. Ma sei sicuro di aver scelto bene il momento? Ma basta, non parliamo del futuro! Certo che siamo in presenza di un capolavoro, qui e adesso. Come hai detto? Anzi, scritto, scritto! Come hai scritto? Il rosso del sangue tra i colori… Queste sono oscenità! Altro che Sade! Quali turpi perversioni! Geniale! Dacci dentro! Ma festeggiare, bisogna!”

Francesco Tadini

Francesco Tadini, Milano by night

“Far festa…” Si stavano svegliando. Gridolini… “Permette questo ballo?” Fingevano di toccarsi. “Festa!”
Adesso venivano avanti dal fondo dello stanzone. Si muoveva, il museo delle cere. I chierichetti, davanti, parati di carta di giornale. Din din, scampanellavano… Poi i diaconi, le mani giunte, la sciarpa – la stola – al collo. Imbellettati di penna a feltro rossa – labbroni – salmodiavano. Portavano bicchierini di plastica su un vassoio. E per ultimo, il cappotto infilato al contrario, abbottonato sulla schiena, le braccia levate…
“Proprio nera, la messa, non si può. Ti va grigina? Ci stai ascoltando, Omero?”
Sul mio tavolo, gli avevano posati, i bicchieri: e lui li benediva. “È in tuo onore!” “In tuo onore” si davano da fare a ripetere, senza esclamativo, i ragazzi. I diaconi ballavano intorno al tavolo, si alzavano come una gonna la giacca, strizzavano l’occhio, mi seducevano. “La predica!” Seduti, in circolo, per terra. “Silenzio!”
“Sì, silenzio! Perché grande è il momento. Grande questa giornata, questa celebrazione che la liturgia ci consente di togliere dal tessuto della norma quotidiana perché gliela restituiamo trasformata dal nostro fervore in una gemma scintillante. Un rito insolito, questo. Sì, esultate! L’avvenimento cui oggi avete assistito e che qui celebrate è una cosa grande. Che cosa c’è di più grande, infatti, di una conversione? E poi, una conversione… Di più, di più! È una metamorfosi, questa che si mostra ai vostri occhi. Sì, dalla goffa crisalide dell’intellettuale è uscita oggi, ha battuto le sue ali in questa stessa basilica dove noi esultiamo e celebriamo, la farfalla smagliante di un cronista! Non la sentite? Ma se è qui, che percuote senza peso il cielo buio della cronaca! Cazzo, ma come fate a non sentirla? Ancora niente? Neanche adesso? Ma non sentite una specie di rumorino più forte? Ah, volevo ben dire! Sentite? Miracolo su miracolo! Quel bel velo d’ala, fratelli, prende corpo. Pof, pof… Sono penne, ora, a flettersi. E belle robuste. E fischiano. E che rostro! Ma certo, eccolo là! È di avvoltoio, adesso l’occhio che ci guarda, fra le rughe, dal suo tavolo! A lume spento… È Dio, che ce l’ha mandato, tirandolo fuori come una chiocciolina riluttante da lugubri bar di artisti, da obitoriali biblioteche, e alterandolo, e sbattendolo su in cielo… Ed è perché potesse vedere, che Dio lo ha fatto cieco! Perché nel profondo potesse vedere anche per noi – e poi mettere il suo splendido nero sul nostro bianco sporco… E dite amen, carogne!”
“Amen!” Gridacchiavano “Amen! Amen!” tutti quanti, fra risate convulse e colpi di tosse scatenati… Da qualche parte, in fondo a qualche corridoio, uno scarico gorgogliava, andava su in acuti interminabili…

CONTINUA (a breve i prossimi capitoli da L’Opera di Emilio Tadini)

I romanzi scritti da Tadini, e tra questi  “L’Opera” – uscito nel 1980 (ed. Einaudi) – sono a Vostra disposizione, in consultazione ed eventuale prestito – per i soci di Spazio Tadini – nella biblioteca dell’Associazione di via Jommelli 24. Sono lieti, Francesco Tadini e Melina Scalise, di ospitarvi – offrendovi un rinfresco,oltre alla biblioteca e alle mostre in corso – presso le sale della tipografia storica ed ex atelier del pittore Tadini. Leggi online anche la blogzine Milano Arte Expo, pubblicata dalla Casa Museo Spazio Tadini (vedi anche il portale web Storie Milanesi) e dai suoi collaboratori.

Per contatti di Francesco Tadini (mail e telefono): francescotadini61@gmail.com , mob. +39.3662632523

Vi aspettiamo, fino al 16 ottobre 2016, alla mostra delle foto premiate dai Sony World Photography Awards 2016 a Spazio Tadini!

Francesco Tadini

Francesco Tadini è fondatore e direttore artistico di Spazio Tadini in via Jommelli 24 a Milano. Casa Museo e archivio delle opere di Emilio Tadini, sede di mostre ed eventi. Location.

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