Prufughi, il ballo dei filosofi e Antonin Artaud – Tadini e Gualdoni – conversazioni d’arte

Tadini – L’armadio magico
Emilio Tadini / Flaminio Gualdoni Segue (vedi LINK) dal precedente articolo pubblicato dall’Archivio a cura di Francesco Tadini. Gualdoni – La tensione etica. la si voglia chiamare impegno o no, tu continui a considerarla imprescindibile? – Tadini – Temo di non riuscire, e di non voler riuscire, a farne a meno. Conta certamente anche il fatto di essermi formato nell’immediato dopoguerra: un tempo che ha dato anche certi esiti rozzi e disastrosi, ma in cui la passione etica, e politica, e sociale era fondamentale. Ci sono stati modi diversi di dichiarare l’impegno: c’è stato il realismo socialista, che riduceva tutto a immaginetta ideologica, ma c’è stata anche, magari minoritaria, la tensione sana a preservare proprio lo scrupolo morale che ha la sua matrice nel dadaismo.
Gualdoni – Dal punto di vista dei modi, quanto di certe tue caratteristiche operative, la serie, il trittico, è riportabile a quelle poggiature?

Tadini – il ballo dei filosofi, ciclo – dettaglio dell’opera
Tadini – Quanto alla serie, credo che sia una sorta di modalità fisiologica del mio lavoro, non riesco a farne a meno, Del resto, lavoro disegnando direttamente sul quadro, senza studio preparatorio. Ciò comporta che io cerchi di reinventare ogni volta, partendo da certe idee, da un clima mentale ed emotivo, ma cercando una forma viva, che venga fuori dal suo farsi. Ecco, la serie mi consente di accumulare un piccolo patrimonio di minima tradizione, mia personale, e poi di portarla avanti nel quadro successivo, via via sinché lo sviluppo consente aperture interessanti. E’ un piccolo sapere relativo a quella serie. Altro è il caso dei trittici e dei polittici: lì, indubbiamente, la lezione di Max Beckmann è non solo presente, ma anche esplicita.
Gualdoni – Un modello, certo. Ma assunto solo come schema retorico, come citazione modale, oppure anche dal punto di vista della volontà di grande iconografia pubblica, civile?
Tadini – Sicuramente anche nel senso di una fruizione pubblica, quanto meno sperabile. Sono immagini collettive, comunque, civili, che da ogni punto di vista si sentono e si pensano pubbliche.
Gualdoni – Dici che affronti la tela con il disegno, senza preliminari di studio. Credo che tu sia uno degli artisti d’oggi che disegnano di più, con più continuità e intensità. Almeno l’idea prima di una serie esce dal lavorio del disegno, oppure da un progetto o un’intenzione intellettuale, oppure ancora da cosa?
Tadini – TI faccio qualche esempio. L’idea dei Profughi è venuta fuori dal lavoro: mi sono accorto che il tema del profugo aleggiava in taluni miei quadri, come una sorta di umore. Ho deciso allora di riprenderlo, di lavorarci sopra in modo più continuo. In casi come questo è una serie che ne genera un’altra, per espansione del lavoro. Anche Il ballo dei filosofi nasce così, da schegge e fili problematici che crescono in altre opere sino ad assumere uno spessore autonomo. Altre volte ad agire è un’intenzione, una fascinazione intellettuale. Nella serie che sto per affrontare il tema è la figura di Antonin Artaud, un autore con il quale sento di avere taluni legami, anche se ne sono lontanissimo per molti versi. Artaud è un personaggio verso il quale una certa cultura ha un debito, ed è su ciò che voglio lavorare. In questo caso l’intenzione intellettuale è più evidente, anche se il suo germinare, magari, non è spiegabile in termini esattamente razionali, e scaturisce da mille fili sparsi, da echi, suggestioni. Certe volte anche un elemento di casualità aiuta.
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Francesco Tadini e Melina Scalise curano l’Archivio opere e testi dell’artista Emilio Tadini. Sede dell’Archivio è la Casa Museo Spazio Tadini in via Jommelli 24, Milano. Le news online riguardanti Spazio Tadini e, in generale, la città sotto ogni aspetto, potete trovarle anche sul portale Milano Arte Expo.
Per contatti e informazioni: francescotadini61@gmail.com